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Ci sono elementi che per decenni, a volte secoli, si inseriscono nella stratificazione delle nostre città. Diventano quotidianità e spesso ci sfuggono le loro origini ben più lontane. Sono infatti ormai una vera simbiosi con la struttura della città e del territorio che oggi conosciamo.

Eventi storici, personaggi di spicco, dinastie protraggono fino ad oggi l’eco delle loro storie grazie al contributo che diedero alla comunità.

È il caso a Legnano dei Cantoni, una famiglia dedita dapprima al commercio e successivamente alla produzione industriale.
Il secondo aspetto è quello su cui ci concentreremo, ovvero l’impronta industriale che ancora oggi possiamo vedere nel tessuto urbano.

Settore produttivo del Cotonificio nel 1930

Negli anni ’40 dell’800 Costanzo Cantoni acquisì gli impianti di filatura posizionati a inizio secolo sul fiume Olona e li potenziò in maniera efficiente e incrementando ovviamente la produzione: nasce il Cotonificio Cantoni.
L’Azienda si è dimostrata nel corso dei decenni innovativa e dinamica, pronta ad adattarsi al mercato. Infatti divenne nel 1855 l’unica rappresentante lombarda all’Esposizione Universale di Parigi; vinse una medaglia d’oro nell’edizione del 1869 per un sistema innovativo; inoltre fu nel 1872 la prima impresa italiana del settore a diventare società per azioni.

Tanti traguardi che raccontano solo in parte la prosperosa attività Cantoni.

Ciononostante il secolo successivo non fu clemente con l’impresa. Due guerre mondiali misero a dura prova la produzione, che nonostante tutto riuscì a resistere ai conflitti. Fu invece la concorrenza che diede un duro colpo al Cotonificio portandolo ad una situazione economica dagli anni ’50 sempre più problematica.

Tale condizione portò all’acquisizione dell’azienda da parte di Fabio Inghirami. Sotto la sua direzione, nel 1984 avvennero delle manovre di salvataggio: il passaggio a filati di maggiore ricercatezza e l’ottimizzazione delle risorse. 

Tuttavia l’andamento aziendale era ormai troppo compromesso e nel 1985 il Cotonificio Cantoni chiude definitivamente.

Cotonificio Cantoni nel Dicembre 1984

La produzione lasciò un’area di ben 108mila metri quadrati che per anni fece parte dei temi più complessi che l’amministrazione Comunale legnanese si trovò a discutere. Vennero proposte molte soluzioni e piani d’intervento nel corso degli anni, mentre lo stato di abbandono della struttura scivolava sempre di più al degrado.

È nel 1999 che la situazione finalmente si sblocca. Viene presentato da Renzo Piano la proposta di un progetto preliminare e un masterplan, con sviluppo architettonico lasciato all’architetto Giorgio Macola.

L’approvazione delle proposte portò finalmente nel 2003 all’inizio dei lavori di riqualifica con un parco, una zona residenziale e un’area commerciale denominata “Galleria Cantoni”.

Sebbene gran parte delle strutture furono demolite brutalmente, una parte venne conservata. Infatti la Soprintendenza ai Beni Culturali ed al Paesaggio di Milano riconobbe il valore architettonico della struttura imponendo la conservazione delle facciate del reparto velluti (non ancora abbattute) che vennero inglobate nel nuovo progetto.

Il fabbricato era all’epoca stato progettato dagli ingegneri Giulio Brini e Simone Roveda. Era un complesso caratterizzato dai tipici elementi industriali come la copertura a shed e il rivestimento in mattoni a vista. La sezione velluti in parte graziata dalla demolizione venne terminata tra il 1925 e il 1928.

 

Il progetto odierno è ben incastonato all’interno della città ed ospita diverse attività commerciali, tra cui una nota catena di supermercati. Questo aspetto lo rende un centro dinamico che può essere ben sfruttato dalla comunità.

 

La struttura oltre a mantenere una piccola parte originale, segue lo stile architettonico industriale. Le aperture con il loro ritmo incalzante a austero richiamano le linee del design produttivo. Entrando all’interno le aperture sul soffitto sono un chiaro rimando ai tipici edifici a shed industriali. Illuminano con ottima luce naturale l’ambiente e formano un interessante rapporto tra interno ed esterno. Anche i materiali scelti sono un chiaro dialogo con lo stile originario.

Il nostro territorio è caratterizzato dalla presenza di tracce del passato, che è bene non cancellare, ma anzi integrare saggiamente con il flusso moderno.