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L’uomo ha bisogno del contatto con la natura: questo è frutto di una tendenza innata, primordiale.

​Tuttavia, siamo abituati a considerare la presenza naturale in maniera marginale, piuttosto che integrarla all’ambiente in cui viviamo.
Una pianta è solo un ornamento con cui arredare lo spazio o può esserci di più? Si, certamente!

Esiste infatti una connessione impercettibile tra umano e natura.

Nel 2018 una splendida installazione a Firenze presso Palazzo Strozzi ha indagato le interazioni tra persone e piante.

The Florence Experiment, tramite due laboratori (il più sorprendente composto da due scivoli chiusi che permettevano di lanciarsi da 20 metri all’interno del loggiato con una piantina di fagiolo in mano) è arrivato alla conclusione che “le piante ci percepiscono”.

QUI la presentazione dell’esperimento

Proprio come percepiscono la nostra assenza. Molti sono i casi di luoghi abbandonati in cui la natura ha silenziosamente preso il sopravvento riappropriandosi di ciò che le era stato sottratto.

L’esperimento di Carsten Höller fa parte di opere che indagano le percezioni. In un altro articolo abbiamo approfondito un’altra sua opera presente presso Fondazione Prada. QUI trovate l’articolo 

ora La DOMANDA CHE CI PONIAMO è la seguente:

può questa presa di posizione da una parte umana e dall’altra naturale essere invece controllata e riequilibrata?

Troppi avvenimenti ci hanno sensibilizzato sul tema ambientale, ponendoci davanti alla grave necessità di trovare una convivenza efficiente. La difficile esperienza del lockdown ci ha momentaneamente tolto dal palcoscenico facendoci riflettere sull’impatto che abbiamo. A tal proposito fa riflettere la performance organizzata dall’artista spagnolo Eugenio Ampudia per la riapertura del Gran Teatro del Liceu di Barcelona il 22 Giugno 2020.

Concierto Para el Bioceno: una platea composta da 1.292 piante assiste sulle poltrone di velluto rosso all’elegia “Crisantemi” di Giacomo Puccini.

QUI lo streaming della performance

“In un momento in cui una parte importante dell’umanità si è rinchiusa in spazi chiusi ed è stata costretta a rinunciare al movimento, la natura si è insinuata in avanti per occupare gli spazi che abbiamo ceduto. E lo ha fatto al suo ritmo, secondo il suo paziente ciclo biologico. Possiamo allargare la nostra empatia e farla valere su altre specie? Cominciamo usando l’arte e la musica e invitando la natura in una grande sala da concerto”

Eugenio Ampudia

L’architettura ha sempre aspirato ad un dialogo con la natura e, sempre di più, un punto d’incontro con essa. La consapevolezza di dover definire una convivenza tra progettazione umana ed elemento naturare è fondamentale. Il che permette ai progettisti di trovare soluzioni sempre più innovative e affascinanti per realizzare delle interessanti simbiosi.

In questo articolo potete leggere il nostro approfondimento sull’evoluzione della casa. La ricerca di questa connessione ne fa sicuramente parte!

Già all’inizio del XX secolo l’architettura organica cercava di far fronte a questo tema.

Proprio in quel periodo viene definito l’esempio per eccellenza di residenza privata in simbiosi con la natura: la Casa sulla Cascata di Frank Lloyd Wright, 1936.

Molto probabilmente sarà capitato di sentirne parlare, ma perché quest’architettura è diventata così conosciuta?

Durante un viaggio in Giappone, Wright impara un’importante lezione osservando l’architettura locale: lo spazio non è una scatola chiusa, ma un organismo in continuo movimento.

Questo tema diventerà un pilastro della sua progettazione e sarà ricorrente in tutte le sue opere.

La Casa sulla Cascata ne è l’esempio più riconoscibile. Non solo è incastonata nel contesto, ma i componenti stessi al suo interno derivano dal bosco circostante e le loro forme con esso stesso si rapportano. Materiali locali (sopratutto pietra e legno) compongono l’edificio e l’apertura delle partizioni permette un continuo dialogo con il bosco e la cascata.

Ne risulta un equilibrio armonioso tra Architettura e Natura.

Questa strada è percorribile anche a più piccole scale.

La sfera naturale può essere richiamata anche con elementi che ad essa traggono ispirazioni: materiali, palette di colori, forme organiche o partizioni. Infatti, in una direzione sempre più green e sostenibile nella progettazione, l’elemento naturale può essere innestato direttamente come componente dell’edificio.

La ricerca di un rapporto tra questi due mondi continua inesorabile diventando una necessità sempre più forte. Per questo motivo sta prendendo piede il design biofilico.

Biofilia s. f. In psicologia e in biologia, amore per la vita, tendenza innata a concentrare il proprio interesse sulla vita e sui processi vitali.

La definizione (fonte: Treccani) fa capire che si tratta di un design che asseconda una tendenza umana tramite la progettazione, cercando di definire una simbiosi e ridurre l’impatto sull’ambiente.
Attualmente l’esempio più conosciuto in Italia è sotto al naso dei milanesi: il Bosco Verticale. L’edificio di Stefano Boeri è il manifesto tridimensionale che dà voce alla necessità di far convivere artefatti e natura.

© photo credit Sundar Italia

Siamo in un epoca in cui le scelte che facciamo sono sempre più impattanti. Gli elementi un tempo solo ornamentali, oggi possono fare la differenza tra un capriccio e una scelta avanguardista.